Skip Navigation LinksHome pageNewsAumento e rimodellamento del polpaccio con l’innesto di grasso autologo

Aumento e rimodellamento del polpaccio con l’innesto di grasso autologo

Risultati paragonabili a quelli tradizionali ottenuti tramite protesi

Nonostante l’innesto di grasso per l'aumento e il rimodellamento del polpaccio offra molteplici vantaggi rispetto ai tradizionali impianti al silicone, sono stati pubblicati ancora pochi studi in questo ambito.
Uno studio si è quindi prefisso l’obiettivo di dimostrare la validità di una specifica tecnica e il risultato dell’aumento e del rimodellamento del polpaccio con il trapianto di grasso autologo.

È stata effettuata una valutazione retrospettiva dell’esperienza di pazienti sui quale è stato realizzato un aumento del polpaccio tramite l’innesto di grasso autologo. L’aumento mediale e laterale del polpaccio è stato ottenuto tramite l’iniezione di un composto di grasso autologo lipoaspirato per via intramuscolare e sottocutanea.

Nel corso di 5 anni, 13 pazienti sono stati sottoposti all’aumento e al rimodellamento del polpaccio con questa tecnica. 10 casi sono stati bilaterali (77%), mentre 3 casi (23%) sono stati trattati per una differenza congenita tra le due gambe. In ogni gamba sono stati iniettati in media 157 cc di composto di grasso autologo lipoaspirato: il 60% nel polpaccio mediale e il 40% in quello laterale. 4 pazienti (31%) sono stati sottoposti a una seconda seduta di iniezioni di grasso autologo perché desideravano un maggiore aumento del volume del polpaccio. Dopo circa due anni, confrontando le fotografie prima e dopo l’operazione, è stato registrato un aumento durevole del volume e il miglioramento del contorno del polpaccio.

L’innesto di grasso autologo nel polpaccio è una valida alternativa al tradizionale aumento tramite protesi sia per casi di differenze congenite tra le gambe, sia per deformazione estetiche della zona. Questa tecnica, infatti, fornisce risultati paragonabili a quelli ottenibili con i metodi tradizionali.



Testo riadattato dal Prof. Pietro Lorenzetti

(Fonte: OxfordJournals.org)

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