Trucco e ritocchi in tempo di crisi

Le riflessioni del Prof. Lorenzetti sul tema

26 November 2013

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Amo molto l'arte e ad essa mi ispiro nel mio lavoro. Considero arte la pittura, la scultura, l'architettura ma non disdegno affatto la modernità e quindi la fotografia. Tempo fa sono andato alla mostra del famoso fotografo francese Robert Doisneau, noto per l'immagine del bacio del marinaio per le strade della Parigi del Dopoguerra.
Le foto mi hanno suscitato una riflessione intensa su come in cinquant'anni sia cambiata la fisionomia delle persone e su come la bellezza non fosse così centrale. Anche se è noto che proprio nei momenti di maggiore tensione sociale e di povertà economica le persone spendano anche minuscoli budget in beni come il rossetto che sono il simbolo di un desiderio di cura di sé. Insomma, da sempre nella storia, l'immagine ha avuto un ruolo centrale, ma solo il benessere vero, quello post crisi petrolifera, quello dell'edonismo del periodo di Reagan ha fatto decollare l'uso del make up.

Se ricordo le donne della mia infanzia, ben poche erano solite truccarsi e proprio il rossetto, più o meno rosso, era l'unico cosmetico ammesso. Anzi, alcune donne hanno iniziato a concedersi un po' di matita e di mascara solo in tarda età, per recuperare un pizzico di tempo perduto. Essere belle era meno facile, gli artifici o gli strumenti erano infinitamente minori, non esistevano affatto, ad esempio, i fondotinta che oggi permettono di avere una pelle luminosa e levigata, al contrario esisteva e aveva un grande effetto il Pancake, il fondo lanciato da Max Factor che usavano le attrici americane e che rappresentò una pietra miliare.
Poter usare il fondotinta era come poter perfezionare una tela che a quel punto poteva essere decorata a piacere e con il benessere economico, insieme alla tv e al frigorifero, si diffusero anche i colori, il verde e l'azzurro sfacciato per occhi bistrati, perfezionati da lunghe linee di eyeliner, più o meno spesse a seconda dell'epoca. Le donne hanno sperimentato tutta la gamma dei colori possibili con accostamenti che ancora oggi possiamo ammirare o deprecare nelle sfilate.

In tempo di crisi però, l'austerity colora anche i volti: vanno di moda il nero, il grigio, il verde in tutte le sfumature e il rosa cipria mentre sul volto impera il 'nude look' con sfumature impercettibili che rendono il viso perfetto. Naturalezza anche nella richiesta dei ritocchi, delicati, appena intuibili. Le persone sembrano volere che io cancelli dal loro volto la preoccupazione per un futuro percepito quanto mai come incerto. Vogliono credere che il tempo della speranza sia ancora più lungo, che abbiano ancora tempo di giocare le proprie carte, che passi questo momento buio.
Se è possibile non dico di no, ognuno trova in sé la risposta, ognuno ha diritto di scegliere la propria strada, le persone non mi chiedono di non invecchiare, ma di dar loro un po' di tempo prima che sia inevitabile o visibile. Abbiamo uno strumento, possiamo usarlo più o meno bene, certamente rispetto alle foto di Doisneau non possiamo non considerare che le persone di quelle immagine avevano una aspettativa di vita più breve e che le donne a 50 anni erano considerate al tramonto. Anacronistico no?

Pietro Lorenzetti

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