July, Fillers and botulinum toxin

July, Fillers and botulinum toxin

The face is definitely the part of the body on which the signs of ageing are most visible. Wrinkles, crow's feet and other imperfections are just some of the 'marks' left by the passing of time. One can, however, resort to remedies thanks to the products of aesthetic medicine: fillers and botulinum toxin.
These substances make it possible to achieve good results that last over time, without necessarily having to resort to an actual operation such as a face lift.

Fillers are reabsorbable substances based on hyaluronic acid that can be used to fill facial blemishes with treatments lasting between 3 and 4 months.
Botulinum toxin, on the other hand, is one of the most controlled drugs in the world useful for reducing the shrinkage of the frontal region, acting mainly on the so-called 'crow's feet'.

Both are procedures that, to give the desired results and guarantee patient safety, must be performed by an experienced plastic surgeon using only authorised, quality substances.

Videointervista sui filler e sulla tossina botulinica

Un panoramica del Prof. Lorenzetti sul tema

All'interno della rubrica "L'intervento del mese", il chirurgo plastico Pietro Lorenzetti viene intervistato sui trattamenti a base di filler e tossina botulinica. Nessuna cicatrice e risultati pressoché immediati. Sono due delle caratteristiche dell'intervento last minute a base di filler e botulino, che si può effettuare anche prima di andare in vacanza. Come spiega il Prof. Lorenzetti non vi è infatti nessuna controindicazione. Solo nei casi in cui dovesse presentarsi qualche piccola ecchimosi, dovuta alle iniezioni, il paziente è tenuto a non esporsi immediatamente al sole. Vanno poi sfatate alcune false credenze sui filler e la tossina botulinica, come quella secondo cui creano dipendenza nei pazienti, che tendono a ricorvervi più volte. Secondo il Professore, se vi è stato un riassorbimento nei 7-10 mesi seguenti al primo trattamento, non vi è l'esigenza di ricorrere nuovamente ad ulteriori iniezioni. Altro mito da sfatare riguarda soprattutto la tossina botulinica, accusata di stravolgere i lineamenti del viso e provocare la cosiddetta "frozen face", ovvero la faccia congelata. Un risultato innaturale evitabile se si usano materiali di qualità, maneggiati da un chirurgo plastico esperto o da un dermatologo. A riguardo, il Prof. Lorenzetti ricorda come la tossina botulinica è uno dei farmaci più controllati in commercio e sottostante a specifiche autorizzazioni da parte dell'unione Europea e dei paesi comunitari. Un vero professionista sa dunque quale sostanza iniettare nel paziente e soprattutto sa come maneggiarla, poiché non si tratta di lavorare sul singolo muscolo facciale, ma sull'intera regione frontale e periorbitaria, dove i muscoli lavorano in sinergia. Proprio in merito alle figure che possono maneggiare questa sostanza, in Austria è stata approvata una legge che ne limita l'utilizzo solo a chirurghi plastici e dermatologi. Una misura di irrigidimento che, secondo il Prof. Lorenzetti, andrebbe implementata anche in Italia per garantire una maggiore sicurezza al paziente che, spesso, si rivolge a figure professionali non idonee. Errori durante il trattamento possono infatti portare risultati non sempre correggibili con interventi riparatori e, dove questo sia possibile, sono richiesti numerosi step per rimediare ai danni causati. Qualità delle sostanza utilizzate e professionalità di chi le maneggia, sono dunque i requisiti fondamentali che il paziente deve tenera a mente se ha intenzione di sottoporsi a questo tipo di trattamenti. Solo così si può garantire la sua sicurezza e quella del risultato finale.

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Dipendenza da filler, la storia di Caterina

Estrtatto da "Intelligenza Estetica"

I trattamenti a base di acido ialuronico e tossina botulinica sono un'ottima soluzione per frenare temporaneamente l'invecchiamento del proprio viso. A patto, però, che vengano eseguiti a distanza di tempo l'uno dall'altro, in modo da far riassorbire le sostanze utilizzate ed evitare di stravolgere la naturale fisionomia del proprio volto. A volte succede che qualche paziente, incoraggiata dai risultati, non rispetti questo criterio e cada in una "dipendenza dal ritocco" che spinge a ricorrere alle "punturine" con una frequenza eccessiva. Caterina, 52 anni, ne è stata un esempio e quella che segue è la sua storia. Caterina è una habituée del mio studio, simpatica, briosa, sempre allegra, a tratti infantile nonostante i 52 anni ben portati, grazie anche alle cure cui si sottopone con regolarità. Entrata in menopausa intorno ai 48 anni, da quel momento ha sviluppato una sorta di timore di invecchiare, come se potesse svegliarsi un mattino e vedersi trasformata, senza riconoscersi più. Dapprima sono state le frequenti visite dal ginecologo per tentare di frenare la fisiologica cessazione dell’età fertile. Poi un’amica le ha svelato il magico mondo di ciò che alcune donne chiamano le “punturine”. I risultati l’hanno soddisfatta a tal punto che quello col chirurgo è diventato un appuntamento fisso. O forse dovrei dire con i chirurghi, perché Caterina ha cominciato presto a vergognarsi di questo suo bisogno e per non sentirsi giudicata ha escogitato il trucco di cambiare chirurgo a rotazione, in modo da ottenere un maggior numero di trattamenti in un lasso di tempo più ravvicinato rispetto a quanto sarebbe consigliabile. E ha cominciato a innervosirsi quando qualche collega ha intuito il trucco rifiutando i trattamenti per il giusto timore di provocarle danni. Arriva da me quando un paio dei suoi medici le dicono espressamente che fare altri filler servirebbero solo a stravolgerle il viso. Crede ingenuamente di poter dissimulare i trattamenti già fatti. Minimizza. Si schernisce. Punta sulla sua simpatia. Il nostro colloquio è piuttosto lungo, desidero farla parlare per valutare il grado di consapevolezza del suo problema, temo, a ragione, che abbia sviluppato una dipendenza. Alla fine ammette di aver bisogno dei trattamenti e di ricorrervi ogni due mesi. Allora la metto di fronte a uno specchio e le spiego in maniera precisa e accurata come i filler la stiano trasformando, ma in maniera negativa. La spingo a guardare il suo volto “a pezzi”, ovvero concentrandosi sulle unità estetiche del viso (la fronte, la regione orbito-palpebrale, la regione delle guance e il collo) e non nel suo insieme. Poi le chiedo di guardare alcune foto di stelle del cinema e di giudicarle insieme, voglio che mi dica cosa ritiene attraente e cosa invece giudica antiestetico. Mi rendo conto che ha una buona capacità di critica per ciò che riguarda gli altri, che svanisce quando osserva se stessa. Critica gli zigomi troppo accentuati di alcune attrici molto simili ai propri. È un colloquio molto lungo ma lei mi ascolta attenta. Riusciamo a focalizzare quali sono i punti del volto che tendono a dare un aspetto invecchiato, valorizziamo i suoi e decidiamo insieme pochi trattamenti ma molto mirati. Le prometto che alzando lievemente le sopracciglia aprirò lo sguardo, riempirò le rughe intorno al naso, i solchi naso-genieni, ma non toccheremo più gli zigomi, anzi attenderemo che l’acido ialuronico si riassorba naturalmente. Io le prometto di frenare l’invecchiamento del suo volto ma lei si deve fidare di me e deve assolutamente rispettare i tempi. Facciamo un patto: se cederà alla tentazione di un filler “fuori programma” mi rifiuterò di intervenire di nuovo. Non deve essere facile per lei che aspetta l’appuntamento mensile con il chirurgo di turno come un appuntamento amoroso, ma credo che una parte di lei debba crescere e imparare ad aspettare e ad accettare che la vita scorre e lascia qualche segno sia sul volto che sull’anima. I nostri appuntamenti sono sempre molto lunghi, parliamo nel tentativo di ristrutturare delle aspettative realistiche. Un giorno mi porta una sua foto da ragazza e con una certa malinconia ammette: «Non sarò mai più così, vero?». No, non lo sarà, ma la invito a guardare in che modo la maturità ha reso più bello e intenso il suo sguardo, da giovane un po’ scialbo. Ormai ci incontriamo un paio di volte l’anno e anche lei scherza sulla sua “addiction”, tentando di convincermi dolcemente a farle una punturina in più. Non cedo e la sgrido bonariamente.

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Danni permanenti da filler, la storia di Agnese

Estrtatto da "Intelligenza Estetica"

Agnese sarà costretta a convivere con il suo danno. È questa la triste sintesi della storia di Agnese, 43 anni, sottopostasi nel 2000 a un trattamento delle labbra a base di filler che, nel corso degli anni, le ha procurato una serie di danni ancora oggi visibili e non completamente risolvibili. Un vero e proprio calvario causato dalla scarsa qualità dei materiali utilizzati, manipolati da una figura che non era né un chirurgo plastico, né un dermatologo. Errori di scelta che Agnese ha commesso soprattutto per una mancanza di informazioni che, fino a pochi anni fa, caratterizzava i trattamenti a base di filler. Di seguito la storia completa. Quella di Agnese è una brutta storia iniziata 8 anni fa, quando probabilmente l’informazione sulla chirurgia plastica era meno diffusa, e i filler erano qualcosa di nuovo. Ad Agnese nel 2000 viene impiantato prima del silicone liquido nelle labbra che le induce una grave reazione allergica. Dopo una lunga cura a base di cortisone, lo stesso medico, che accerto non essere un dermatologo o un chirurgo plastico, decide di correggere le imperfezioni iniettando un filler permanente non meglio identificato. Il disastro si evidenzia solo alcuni mesi dopo con la comparsa di una serie di granulomi. Comincia quello che non ho dubbi a definire un calvario. Dieci interventi chirurgici per rimuovere i granulomi. Oramai è tristemente noto che i filler permanenti sono fonte di numerosi problemi e il loro utilizzo dovrebbe essere evitato. Questi materiali sono infatti estranei all’organismo e vanno spesso incontro a rigetto da parte del sistema immunitario, inoltre non sono stabili e tendono a migrare in altre zone del viso. Iniettare due filler differenti nella stessa zona, poi, è un vero e proprio azzardo, per non parlare del fatto che le labbra sono un punto estremamente delicato e riccamente vascolarizzato quindi più di altri soggetto a reazioni immunitarie. Quando Agnese si rivolge a me avverte ancora noduli alle labbra chiaramente dolenti di cui probabilmente non riuscirà mai a liberarsi completamente. Le labbra hanno assunto una forma asimmetrica che riesce a camuffare solo con un trucco sapiente. Inutile dire che negli ultimi otto anni ha sofferto moltissimo e questa vicenda l’ha resa estremamente diffidente. Non fa che colpevolizzarsi per la sua ingenuità e io credo che abbia pagato un prezzo troppo alto per la sua leggerezza. Non posso fare altro che pianificare altri due interventi per tentare di eliminare il metacrilato e continuare nella mia attività di informazione sui rischi dei filler permanenti che andrebbero semplicemente evitati. Purtroppo anche nel mio mestiere non ci sono sempre storie a lieto fine. Agnese sarà costretta a convivere con il suo danno. Decide comunque di aprire un sito internet di informazione sulla sua vicenda per mettere in guardia le altre donne tentate da un intervento prospettato come definitivo. Mi offro di aiutarla e di essere garante scientifico della sua iniziativa, anche attraverso una raccolta di materiale scientifico sull’argomento. In questo modo la paziente sente di poter dare un senso al suo incidente e riuscirà meglio a elaborare l’accaduto. Da parte mia potrò, tentando di intervenire dall’interno delle labbra, rimuovere i granulomi più grandi comparsi ma trattandosi di sfere minuscole sarà impossibile togliere tutta la sostanza, con la quale Agnese dovrà convivere per sempre.

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