La storia della donna più brutta del mondo

di Pietro Lorenzetti

17 febbraio 2014

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Lizzie Velasquez ha 24 anni ed è affetta da una rarissima patologia genetica, la Sindrome De Barsy che le impedisce di accumulare grasso nel corpo. Il risultato della sua malattia è che questa giovane texana è scheletrica e per mantenersi in vita deve mangiare sino a 60 volte al giorno. Il suo corpo è quindi un fuscello tenuto insieme da un po’ di pelle e genera quel senso di disagio che si ha quando si osserva il corpo innaturale di una anoressica. Lizzie non è anoressica ma ha un volto magrissimo, che appare più vecchio della sua età, scavato, inoltre è cieca da un occhio.
Eppure Lizzie è bellissima. Da alcuni anni ha un lavoro prestigioso, fa la conferenziera, viene chiamata in tutta l’America a parlare di motivazione. E’ una ragazza solare e positiva. Le sue conferenze sono piene di passione e spesso si concludono con una ovazione. Dopo pochi minuti che inizia a parlare sul palco non vedi più un corpo, vedi una luce. La sua ‘bruttezza’ è la fonte del suo successo umano: a 16 anni Lizzie ha trovato in rete un suo video intitolato ‘la donna più brutta del mondo’ il che non deve averle fatto piacere, ma dopo un comprensibile periodo di delusione Lizzie pensò che era ciò che ‘faceva’ ciò che l’avrebbe definita e non il suo aspetto. Ha raccolto quindi la sua esperienza, ha scritto due libri e ora gira il mondo a raccontare come si deve sopravvivere ai giudizi degli altri.

Racconto questa storia per dimostrare che non esiste un assoluto e che le persone sono fatte di molti elementi: carne, sangue, esperienze, passioni, debolezze e sì, anche aspetto fisico, ma che questo è davvero in fondo alla classifica di ciò che è davvero importante. Se stiamo soffrendo, se siamo delusi, se abbiamo perso qualcuno che amiamo ci accorgiamo immediatamente che l’aspetto non è importante e che anche la bellezza più sfolgorante svanirà con il tempo.
Lizzie non è bella fisicamente eppure è bellissima e questo ci dimostra che in ognuno di noi ci sono bellezze di vario tipo e che l’involucro è forse il meno importante. Se stiamo bene abbiamo voglia di prenderci cura di noi eppure quando siamo sereni siamo già più belli perché quello che abbiamo dentro si riflette anche sui muscoli del volto e sulla loro tensione. Se ci ‘sentiamo’ bene ci vediamo bellissimi e viceversa. Se non siamo belli perché la genetica o il divino ha scelto di darci altre qualità, beh, vale la pena di capire quale sia il seme che, coltivato, possa dare il fiore più sfolgorante.
Lizzie è una perfetta icona di questo assunto così come una mia amica a cui non importa di apparire e nemmeno di piacere, una donna serena e autonoma che quando incontro mi dice: "scusa Pietro se non vengo da te ma sono troppo impegnata a vivere" e al mio suggerimento di equilibrare la lunghezza del volto con un leggero filler sugli zigomi è esplosa in una fragorosa risata: "proteggere le mie imperfezioni è un vezzo, un lusso, cancellarle sarebbe troppo facile, non voglio essere perfetta, voglio essere umana". Nulla da eccepire.

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