Calvizie: terapie, autorapianto e tecniche

Ultima parte dell'approfondimento di Più Sani Più Belli

13 febbraio 2015

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Ultima parte dell'approfondimento del periodico Più Sani Più Belli sulla caduta dei capelli, realizzato con la collaborazione del Professor Pietro Lorenzetti e del Professor Franco Buttafarro, rispettivamente Presidente e Vice Presidente della Società Italiana di Cura e Chirurgia della Calvizie.
Si parla delle terapie più indicate, dell'autotrapianto e delle tecniche utilizzate per il trattamento della perdita dei capelli.

Le terapie: cure mediche e farmacologiche, quali i limiti?

"La perdita di capelli nelle donne è ancora un vero e proprio tabù e le persone che soffrono di questo problema trascorrono tra i 5 e i 10 anni alla ricerca di una soluzione, provando farmaci e lozioni, fino a ricorrere a parrucche per nascondere l'inestetismo", spiega il professo Buttafarro.
"Nonostante la caduta non sia una vera malattia ma un fenomeno para-fisiologico, chi perde i capelli sviluppa un disturbo nell'immaginario di sé, bassa autostima e sofferenza che devono essere prese in considerazione - aggiunge il professor Lorenzetti - e proprio questa fragilità apre la strada a un percorso costellato di illusioni e delusioni.
Di recente, per esempio, vengono proposte tecniche di medicina rigenerativa come l'infusione di plasma (la PRP, Platelet Rich Plasma, ossia Plasma Ricco in Piastrine) del paziente nelle zone calve come soluzione terapeutica. Le persone sono attratte da termini come cellule staminali e la possibilità di fare un intervento di medicina estetica, apparentemente a costo contenuto che però non può dare i risultati sperati
".
E' bene precisare che la PRP può rappresentare solo un trattamento di infoltimento e fortificazione del capello adiuvante il trapianto. Così come gli altri rimedi - per la donna - a base di estrone e monoxidil. Ma, al momento attuale, l'unica soluzione è l'autotrapianto.

Quando ricorrere all'autotrapianto?

"L'intervento, che si effettua in anestesia locale, è indicato nelle donne la cui perdita di follicoli non abbia un'origine ormonale, quelle che hanno zone calve a seguito di procedure chirurgiche o cosmetiche (come le cicatrici del lifting), soggetti che presentano solo un diradamento della sommità del capo e alopecie di tipo traumatico, da trazione o da ustione" spiega il professor Buttafarro.
Dopo aver sottoposto la paziente a una serie di accertamenti (per esempio, visita endrocrinologica), si verifica che non ci siano patologie del cuoio capelluto. Escluse malattie che potrebbero vanificare la riuscita dell'autotrapianto, si procede con la scelta della tecnica più idonea. Oggi ne vengono utilizzate due, chiamate FUE e FUT. La differenza sostanziale consiste nel metodo di estrazione dei follicoli.
La FUE si caratterizza per l'estrazione di singole unità follicolari con punch tagliente del diametro di circa 1 mm nell'area donoatrice della paziente affetta da calvizie. La FUT è una tecnica che consiste, invece, nel prelievo di una striscia di cuoio capelluto (chiamata strip) di circa 1-2 centimetri di altezza.
"La scelta di una o l'altra - precisa Buttafarro - dipende dal tipo di calvizie, dalle cause, dal tipo di capello e da molte altre valutazioni da fare in sede di consultazione con il chirurgo. E' importante sapere che la maggior parte dei capelli trapiantati è destinata a cadere nelle 6 settimane successive e che questo fenomeno è normale. I nuovi capelli, sani e forti, cresceranno nelle settimane successive al ritmo di 0.50-1 cm al mese".

Tecniche a confronto




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