Lifting del viso, la storia di una paziente

Estratto da "Intelligenza Estetica"

25 gennaio 2013

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Nella sua esperienza pluriennale il Professor Lorenzetti si è relazionato e si confronta tutti i giorni con le richieste più varie, delle quali, per etica professionale, è spinto ad indagare le motivazioni per evitare il ricorso ingiustificato alla chirurgia plastica.
Il lifting del viso è uno degli interventi che maggiormente impatta sulla vita delle persone, ringiovanendo un volto che spesso è segnato dagli anni e appesantito dalle esperienze di vita.

Proponiamo di seguito un estratto, scaricabile anche in allegato, di "Intelligenza Estetica" in cui il Professor Lorenzetti trae spunto dal caso di Beatrice, una donna di 45 anni che si è sottoposta al lifting del viso, per parlare dell'importanza di dedicare del tempo a sé stessi nonostante i ritmi forsennati della società contemporanea
.

«Ma dove sta scritto che noi donne dobbiamo sempre rimanere attaccate allo specchio, sempre a guardarsi, giudicarsi, fare confronti… per poi scoprire immancabilmente qualche difetto che prima non era così evidente e invece adesso sembra quasi saltare fuori dallo specchio. Il tempo passa e va, questo si sa, e nessuno è così matto da voler fare un patto col diavolo per fermarlo, ma almeno combatterne gli effetti, questo sì, dovrebbe essere consentito a tutti. Soprattutto a chi, come me, ha dato tanto, non si è mai fermata un momento, gli studi e il lavoro prima, poi la famiglia, un marito, i figli… Non ho quasi avuto il tempo di pensare a me stessa, anche se ho sempre fatto attenzione all’immagine che lo specchio mi rimandava. Adesso però voglio prendermi una pausa, non voglio più vedermi così sfiorita, è davvero troppo presto…».

In ogni donna si manifesta quasi sempre un aspetto ambivalente legato direttamente alla propria apparenza fisica: lo straordinario potere di attrazione del proprio corpo è sentito come un valore che non ha nemmeno bisogno di spiegazioni o di giustificazioni per essere esaltato e salvaguardato, ma a volte questa spinta innata a curare la propria esteriorità può essere percepita come una sorta di “prigione”, un dovere in più che viene ad aggiungersi ai molti impegni che la donna di oggi deve già sostenere.
Da una parte il desiderio di rimanere bella, o un timore di veder diminuire la propria attrattiva, continuano ad alimentare l’attenzione verso la propria immagine e forse, proprio per la costante presenza di queste sensazioni, nei momenti di maggior vulnerabilità, dovuti anche alla stanchezza della vita di tutti i giorni, si presenta una sorta di invidia per la maggior leggerezza con cui l’altro sesso è autorizzato ad affrontare i problemi estetici. In realtà sarebbe sufficiente dare uno sguardo alla sempre crescente popolazione maschile che frequenta i centri estetici e i chirurghi plastici per comprendere quanto le cose stiano cambiando anche per noi maschi. Ma è naturale che a ogni donna, considerata individualmente, poco importa quali possano essere le tendenze e le determinanti dei comportamenti dei gruppi sociali: quello che viene vissuto e percepito è la consapevolezza di non essere più in forma come una volta, di non sentirsi a posto per la propria età, e in più un’urgenza, una spinta a porre un rimedio alla bellezza che, anche se lievemente, comincia a scolorire.

Molte volte ho percepito chiaramente, nelle pazienti che mi stavano di fronte, che tra le motivazioni fondamentali da cui erano animate nelle loro richieste di aiuto c’era una sorta di senso di ingiustizia nei confronti della vita, o quanto meno dello stile di vita, che le aveva portate a trascurarsi e, in fondo, a trascurare quasi una parte essenziale del loro essere donne. Da qui la sensazione che decidere di farsi ritoccare possa costituire per molte una rivalsa, un momento di rottura con uno scorrere della vita che le sovrasta e non le vede protagoniste.

E poi non è affatto da trascurare il peso che una effettiva mancanza di tempo può avere sia nel “creare” il problema dello scollamento tra come una donna sa di poter essere e come effettivamente si percepisce, sia nel trovare la soluzione a questo problema.
Non sembri banale, ma è un fatto che i ritmi di vita e di lavoro e la rete di impegni e doveri cui devono far fronte sempre più ampi strati della popolazione risultano davvero pesanti e in grado di allontanarci da un contatto già con noi stessi. Se lo stress, gli affanni di star dietro alle mille incombenze quotidiane sono in grado di “far invecchiare” prima, il poco tempo libero a disposizione di una donna impegnata su più fronti, dalla famiglia al lavoro, può scoraggiare anche chi è ormai vicina alla decisione di prendersi maggior cura di sé.
Inevitabilmente, anche in questo ambito entrano in gioco ulteriori fattori di disturbo come preconcetti, pregiudizi, scarsa informazione: quanto dura un intervento per rifarsi gli occhi o il seno? Quante settimane ci vogliono per veder sparire i postumi di un intervento? Posso permettermi di stare lontano da casa per giorni? Come faccio ad assentarmi dal lavoro per così tanto tempo? In quanto tali, i pregiudizi sono per l’appunto fuorvianti, anche se la loro tendenza a ingigantire i problemi si basa pur sempre su un fondo di verità, come quella costituita dalla scarsezza di tempo.
Eppure nulla rimane mai fermo e uguale a se stesso, e delle interessanti novità ci sono anche in questo campo. Oggi le tecniche chirurgiche sono decisamente progredite e io mi onoro di essere tra i precursori e gli innovatori di alcune di queste tecniche che consentono di portare a completamento in pochissimo tempo, vale a dire in regime di day hospital, interventi come l’aumento del seno o l’impianto di protesi glutee. L’intervento di mastoplastica additiva in sé dura meno di mezz’ora e l’intero iter dell’operazione chirurgica viene effettuato in giornata, tanto che la sera stessa la paziente può benissimo tornare alla propria casa. Un motivo di preoccupazione in meno per la donna che sta pensando di prendersi cura di sé e un’arma in più contro la scarsità dell’unica risorsa davvero non rinnovabile, il tempo.

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