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Turismo chirurgico ed estetico?

Rischi e complicazioni: a conti fatti non è un vero risparmio

Negli ultimi 5 anni sono raddoppiate le richieste di interventi secondari a seguito di operazioni effettuate all'estero con la formula “bisturi e vacanza”, che aumentano nel periodo natalizio.

Si chiama “turismo estetico” ed è la pratica che unisce un intervento di chirurgia plastica ad una vacanza, scelta principalmente per motivi economici e promossa in rete da vere e proprie agenzie di turismo che propongono località esotiche per una convalescenza al riparo da occhi indiscreti. I siti si riconoscono per le foto suggestive e l'italiano da traduttore automatico.
Un trend nato negli anni ottanta, nel primo boom della chirurgia plastica che vedeva un flusso di 'migrazione chirurgica' verso il Sudamerica, Brasile in particolare, per effettuare rinoplastiche e mastoplastiche additive dagli allievi del celebre Ivo Pitanguy. Una tendenza arrestatasi negli anni novanta con la ripresa economica e la democratizzazione della chirurgia e ripresa ora in tempi di crisi complice una agguerrita concorrenza internazionale.
"I colleghi stranieri, specialmente dei paesi in via di sviluppo, India e Russia comprese, hanno intuito come il cliente straniero potesse rappresentare un business interessante" spiega il Professor Pietro Lorenzetti. "Negli ultimi anni le persone che si sono rivolte al VBI - aggiunge Lorenzetti - per rimediare a danni o complicazioni incorse in questo genere di viaggi sono più che raddoppiate. Facendo pochi rapidi calcoli credo che non ne valga la pena".

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